Proteggimi

 

drammaturgia e regia Livia Gionfrida
scene Alice Mangano
assistente alla regia Giulia Aiazzi
direttore di scena Marco Serafino Cecchi
con Robert Da Ponte, Rodrigo Romagnoli, Ayoub El Mounim, Rossana Gay, Livia Gionfrida,
Sofien Gozlan, Wu Kejan, Mingoro Doumbia, Luca Florin
progetto grafico Laura Meffe
organizzazione Rebecca Polidori
tecnico Michele Percopo
produzione Teatro Metropopolare in collaborazione con Teatro Metastasio di Prato
con il sostegno di Regione Toscana

 

anteprima

giovedì 12 maggio 2016, ore 20.30
Casa Circondariale La Dogaia Prato

 

Note di regia

Credo che uno dei compiti del teatro consista proprio nel cercare di vivere insieme al pubblico ciò che nel nostro quotidiano non abbiamo lo spazio o il coraggio di affrontare. In Proteggimi abbiamo tentato di “essere”, con tutte le nostre bassezze, i fallimenti, i desideri repressi, il nostro feroce egoismo. Non volevo mettere in scena un dramma di Tennessee Williams, eppure ero affascinata dal suo mondo, dal bisogno d’amore che sembra percorrere tutta la sua opera. Ero attratta dai personaggi crudi di Streetcar, volevo avvicinarli, incontrarli, poterci parlare. E così avrei voluto, come spesso mi capita, fare due chiacchiere anche con l’autore. Ho iniziato allora a pensare uno spettacolo in cui in scena il pubblico potesse confrontarsi proprio con il drammaturgo, parlarci in intimità, per poi farsi accompagnare come da un Virgilio americano, all’interno del suo inferno, tra le sue opere, in una streetlife che trasuda sudore e cemento, dove violenza e amore sembrano intrecciarsi tragicamente. Ci sono Blanche, Stanley, Stella ma c’è anche qualcosa di Willie, la ragazzina perduta che in This propriety is condemned cammina sui binari del treno, sotto un cielo bianco come un foglio di carta pulita e qualche traccia resta anche della sorella ritratta in Portrait of a young girl in glass. Ne è nato uno spettacolo che parla di desiderio, di relazioni e di perdita. La perdita della persona cara, l’incapacità di dimostrare il proprio amore, la goffaggine e la cecità di chi tenta, attraverso la violenza, di cambiare le sorti di una partita persa. Il poker si fa metafora impietosa della nostra esistenza. Le carte sono distribuite e nessuno può veramente sottrarsi al gioco. I nostri personaggi sono lanciati all’impazzata, dentro una macchina che è quella del destino, che è vita ed è dunque morte inevitabile, una macchina che corre veloce e che forse non sappiamo nemmeno guidare.
Livia Gionfrida

Category
prosa